Oggetto: discriminazione dei profughi dalla Libia, espulsi da Gheddafi nel 1970 e privati di tutti i loro beni nell’applicazione delle seguenti leggi:

Legge 24 maggio 1970, n. 336 (artt. 1 e 2), norme a favore dei dipendenti civili dello Stato ed Enti pubblici ex combattenti ed assimilati.

Legge 15 aprile 1985 n. 140 (art. 6), miglioramento e perequazione di trattamenti pensionistici ed aumento della pensione sociale.

A – Legge n. 336/70.

1 – Premesse

Attualmente alcune Pubbliche Amministrazioni, probabilmente influenzate dalla sfavorevole congiuntura finanziaria, non esitano ad attribuire valenza di legge ad alcune datate sentenze della Corte di Cassazione, a Sezioni semplici, che hanno fornito una interpretazione restrittiva del disposto dell’art. 1 della legge 336/70 con riguardo ai profughi aventi diritto ai benefici di legge, per negare o revocare le agevolazioni di carriera e pensionistiche ai dipendenti pubblici profughi dalla Libia, a seguito della nota espulsione ad opera del Governo di quel Paese. Tale atteggiamento della pubblica amministrazione, in aperto contrasto con la vigente legislazione e contrario alla prassi in precedenza seguita, sta comportando, oltre alla negazione dei benefici di legge, anche il formale inoltro di richieste di rimborso a titolo di indebito di somme,spesso ingenti, corrisposte negli anni ai predetti pubblici dipendenti a fronte dei diritti dagli stessi acquisiti come profughi, dando luogo ad un notevole conseguente contenzioso.

2 – Genesi della questione

Per rendersi conto dell’infondatezza del comportamento della Pubblica Amministrazione occorre fare riferimento agli articoli 1 e 2 della legge 336/70, che, ai fini del godimento dei previsti benefici, assimilano agli ex combattenti anche i “profughi per l’applicazione del Trattato di Pace e categorie equiparate” La legge riconosce a tutti i profughi ed alle categorie equiparate, per una sola volta nella carriera di appartenenza, la valutazione di due anni ai fini dell’attribuzione degli aumenti periodici e del conferimento della successiva classe di stipendio, paga o retribuzione, nonché 3 aumenti periodici di stipendio, paga o retribuzione all’atto della cessazione del servizio per qualsiasi causa, ai soli fini della liquidazione della pensione e delle indennità di buonuscita e di previdenza. I suddetti benefici, riconosciuti a tutti i profughi dipendenti dalla Pubblica Amministrazione e successivamente contrattualizzati nei contratti collettivi nazionali di lavoro dei pubblici dipendenti, vengono ora, come sopra enunciato, inopinatamente negati dalla Pubblica Amministrazione soltanto ai profughi della Libia rimpatriati a seguito dei noti eventi del 1970.

3 – Le motivazioni della Pubblica Amministrazione

La Pubblica amministrazione, rispolverando le motivazioni di una datata Giurisprudenza della Corte di Cassazione a Sezioni semplici ( Cass. Civ. Sez. Lav. 23 luglio 1982 n. 4304; Cass. Sez. Lav. 17.04.1984 n.2495; Cass. Sez. Lav. 5.02.1985 n. 1321; Cass. Sez. Civ. Lav. 11.04.1998 n. 3749), sostiene che i benefici della legge 336/70 sarebbero attribuibili solo ai profughi per l’applicazione del Trattato di Pace e categorie equiparate, dovendosi, però, intendere equiparati a questi soltanto quei profughi che siano stati coinvolti in modo immediato e diretto dagli effetti del trattato di Pace e non già coloro che risultano rimpatriati dalla Libia dopo l’agosto del 1969 per eventi non collegati direttamente alla guerra o al Trattato di Pace. Pertanto, chiunque abbia conseguito lo status di profugo per cause diverse da quelle menzionate, non avrebbe diritto di fruire dei benefici della legge 336/70 in materia di pubblico impiego, ma soltanto di quelli accordati dalla legislazione speciale dei profughi, come ad esempio la legge n. 137 del 1952 che nulla prevede in merito.

4 – Le motivazioni a difesa dei profughi discriminati

4/1 – La presa di posizione dell’amministrazione Pubblica non tiene in alcun conto che il letterale disposto della legge 336/70 non opera alcuna discriminazione tra categorie di profughi, anzi le unifica in un’unica grande categoria, composta da tutte le categorie attualmente esistenti e, cioè, quella dei profughi per l’applicazione del Trattato di Pace e quella delle categorie equiparate ai primi a norma di legge. Ed, in effetti, sia la Pubblica Amministrazione che la Giurisprudenza della Corte di Cassazione sopra menzionata omettono di considerare che la legge 26 dicembre 1981 n. 763 (normativa organica per i profughi) detta precise norme per la identificazione dello status di profugo e, al punto 4 dell’art.1, equipara “a tutti gli effetti” di legge i profughi da territori esteri in seguito a situazioni di carattere generale che hanno determinato lo stato di necessità al rimpatrio” ai profughi di cui ai precedenti punti 1, 2 e 3 dello stesso articolo e, cioè, ai profughi dalla Libia, Eritrea e Somalia; ai profughi dai territori sui quali è cessata la sovranità dello Stato Italiano; ai profughi dai territori esteri in seguito agli eventi bellici. Non si vede, quindi, su quale fondamento giuridico possa basarsi la discriminazione attuata nei confronti dei soli profughi dalla Libia a seguito della loro espulsione dal Paese nel 1970, che hanno ottenuto il formale riconoscimento della qualifica di profugo ai senti dell’art. 4 della citata legge 763/81. E’ appunto detta qualifica, ottenuta secondo i crismi di legge, che ha legittimato e legittima di per sé i profughi in discorso a godere dei benefici della legge 336/70. Né può sostenersi,come affermato dalla Pubblica Amministrazione, che i benefici della legge 336/70 non possono aggiungersi alle altre agevolazioni previste specificamente per i profughi dalla Normativa Organica che li riguarda. Non si spiegherebbe, infatti, perché il legislatore, già esistendo all’epoca, una legge organica in materia (legge n. 137/52) abbia ammesso con la legge n.336/70 i profughi per Trattato di Pace e “categorie equiparate” a godere dei benefici della legge stessa. Seguendo un tale ragionamento si potrebbe arrivare all’assurdo di negare i benefici a tutti indistintamente i profughi, compresi quelli a seguito dell’applicazione del Trattato di Pace. Assodato, quindi, che la legge 336/70 riguarda tutti profughi pubblici dipendenti in possesso di tale qualifica, la discriminazione che si va attuando nei soli confronti dei profughi dalla Libia forzatamente rimpatriati nel 1970, è assolutamente ingiustificata, contra legem, e viola palesemente l’art. 3 della Costituzione repubblicana che sancisce l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge.

4/2 – A sostegno della illegittimità della discriminazione in esame soccorrono anche un autorevolissimo pronunciato, nell’adunanza del 5.7.1983, delle Sezioni controllo della Corte dei Conti ed alcune recenti decisioni delle Sezioni giurisdizionali regionali della Corte medesima che hanno condiviso le motivazioni delle Sezioni Controllo. Come è noto, la Corte dei Conti è competente ad esprimersi sulla questione, in quanto in caso di trattamento pensionistico già conseguito e di richiesta dei benefici pensionistici previsti dalla legge 336/790, la giurisdizione esclusiva è della Corte dei Conti, mentre la Corte di Cassazione è competente per controversie sorte in costanza di rapporto di lavoro con la Pubblica Amministrazione. Orbene la Corte dei Conti ha ritenuto che nella categoria dei beneficiari della legge 336/70 dovessero rientrare anche le “ categorie di connazionali rimpatriati successivamente agli eventi di guerra per cause connesse ad eventi politici verificatesi nei paesi di provenienza”. La Corte dei Conti ha posto in rilievo che:” Un indirizzo interpretativo della giurisprudenza civile ritiene che ai fini dell’attribuzione dei benefici combattentistici di cui all’art. 1 della legge 336/70 la categoria degli “equiparati” debba riferirsi non indistintamente a tutti i profughi ma solo a quelli equiparati con apposita legge rimasti coinvolti in maniera immediata e diretta dagli effetti del Trattato di Pace………La Sezione non ritiene di condividere tale assunto interpretativo in quanto è da considerare limitativo e contrastante con la esegesi della vigente normativa di riordinamento per i profughi dettata dalla legge n. 763/81………Il negare, invece, tali benefici alla ripetuta categoria di profughi (i c.d. rimpatriati per cause connesse ad eventi politici verificatisi nei paesi di provenienza) significherebbe non dare alcun significato o dare un mero carattere pleonastico, rispetto al precedente inciso, alla locuzione “equiparate” contenuta nell’art. 1 della citata legge 336/70, quando invece con detto disposto si intendeva rinviare per, l’identificazione della categoria equiparanda, alla normazione esistente o successiva che siffatta equiparazione espressamente prevedesse. Il che puntualmente si è previsto con la locuzione “ a tutti gli effetti” che leggesi al n. 4 dell’art. 1 della recente normativa organica per i profughi (legge 763/81)”. Le motivazioni della Corte dei Conti sono state fatte proprie anche dal Ministero della Difesa con circolari prot. 38025 del 16.01.1990; n. 34000/A/4 del 29.09.1995 e dalla Ragioneria Generale dello Stato IGOP, con nota 165646 del 26.09.1994.

4/3 – Considerate le conclusioni della Corte dei Conti, si deve quindi ribadire, come in precedenza osservato, che “l’interpretazione restrittiva” ed assolutamente incoerente data dalla Pubblica Amministrazione crea una grave ed illegittima disparità di trattamento tra soggetti in eguale identica condizione in quanto in possesso della qualifica di profugo, qualifica che ha valenza unitaria a tutti gli effetti di legge per tutte le categorie, nascente di per sé dal formale riconoscimento dello status di profugo ai sensi dell’art. 4 della legge 763/81.

4/4 – Ma v’è di più da considerare in merito alla denunciata discriminazione. Infatti, l’interpretazione dell’Amministrazione Pubblica pecca di illogicità nei confronti dei profughi rimpatriati dalla Libia dopo il 1969 che furono letteralmente “cacciati” dopo il noto colpo di Stato con la confisca di tutti i loro beni, rispetto a quelli che sono rimpatriati a seguito del Trattato di Pace, per i quali il rimpatrio , cessati gli eventi bellici, poteva anche dipendere da una loro personale scelta e non da una forzata espulsione. Un tale stato di cose ha generato e continua e generare, persistendo l’atteggiamento della Amministrazione, un cospicuo contenzioso, dato che, come ha osservato la difesa dei profughi discriminati nei suoi ricorsi dinanzi alle Sezioni regionali giurisdizionali della Corte dei Conti: “nella fattispecie, a ben guardare, neanche si può correttamente parlare di “interpretazione restrittiva” ma di vera ingerenza dell’Amministrazione nei poteri degli organi legislativi con conseguente incompetenza e straripamento di potere in senso stretto. “Infatti, non si può forzare a tal punto una legge volendo non farvi comprendere (come ben detto dalla Corte dei Conti) un qualcosa che assolutamente e positivamente vi è contemplato , facendo passare il tutto come una sorta di “interpretazione restrittiva”. Ciò che infatti oggi i profughi interessati reclamano, non è tanto un’interpretazione analogica e/o favorevole della legge 336/70, ma la vera e propria applicazione – stretta e pedissequa – della stessa legge e delle leggi successive a favore dei profughi, come la legge 763/81, le quali hanno effettuato una equiparazione degli stessi allo status giuridico degli “ex combattenti ed assimilati” con riconoscimento della spettanza dei benefici de quo di certo non negabili né interpretabili ex post, a distanza di circa 36 anni”.

B – Legge 15 aprile 1985 n. 140 (miglioramento e perequazione di Trattamento Pensionistico ed aumento della pensione sociale).

Purtroppo la cennata “interpretazione restrittiva”, da notizie pervenuteci, è stata anche adottata dall’INPS che si accingerebbe a revocare a distanza di anni, ai soli profughi dalla Libia espulsi nel 1970, la maggiorazione del trattamento pensionistico di originarie Lit. 30.000 prevista dall’art. 6 della legge 140/85 per i soggetti appartenenti alle categorie indicate dalla legge 336/70, anche non pubblici dipendenti, obbligatoriamente assicurati agli Enti previdenziali. Il comma 4 dell’art 6 della legge n.140/85 estende infatti il beneficio in esame anche ai privati dipendenti, ai lavoratori autonomi o esercenti libere professioni che siano titolari di trattamenti di pensione derivanti da iscrizioni assicurative obbligatorie. Anche contro tale assurda discriminazione valgono tutte le considerazioni sopra esposte per i benefici della legge 336/70. Si chiede pertanto un intervento del Governo teso a far cessare, con specifiche circolari o direttive,la denunciata discriminazione, e/o introducendo nel nostro ordinamento una norma interpretativa dell’art. 1 della legge 336/70 correlata alla legge 763/81 (normativa organica per i profughi) che ponga fine alla lamentata discriminazione ed al contenzioso giuridico in essere con la Pubblica Amministrazione.

Il Responsabile Dell’Ufficio Legale

Avv. Italo Casaccio